Con la sentenza n. 14488 del 30 maggio 2025, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati Angelica Parente e Domenico Bianculli, in un procedimento volto a ottenere la deindicizzazione di risultati di ricerca associati al nome di un cittadino assolto da ogni accusa in sede penale. Il procedimento ha visto contrapposta la società Google LLC, rappresentata dagli avvocati Marco Berliri, Michele Traversa, Erika De Santis e Massimiliano Masnada.
All’origine del contenzioso vi era la persistenza, sui risultati di ricerca Google, di notizie riferite a un procedimento penale risalente al 2011 e definito con sentenza definitiva di assoluzione già nel 2015. Gli URL indicizzati continuavano a proporre riferimenti alle accuse originarie, senza dare conto dell’esito liberatorio intervenuto successivamente. Il ricorrente aveva dunque domandato la deindicizzazione dei risultati, contestando l’attualità e la pertinenza delle informazioni ancora associate al proprio nominativo.
Il Tribunale aveva inizialmente rigettato la domanda, ritenendo prevalente l’interesse pubblico informativo. La Corte di Cassazione ha invece accolto il ricorso, cassando la decisione e rinviando il procedimento per un nuovo esame volto ad ottenere la rimozione delle notizie da Google.
Il bilanciamento tra informazione e identità personale nella deindicizzazione
La sentenza n. 14488/2025 si inserisce nel quadro ormai consolidato della giurisprudenza nazionale e sovranazionale sul diritto all’oblio. In applicazione dell’art. 17 del Regolamento UE 2016/679 (GDPR), la Corte ha ribadito che il bilanciamento tra diritto all’informazione e diritto alla protezione dei dati personali deve avvenire attraverso i criteri della proporzionalità, attualità e completezza dell’informazione.

La Suprema Corte ha precisato che il trascorrere del tempo, l’intervenuta assoluzione definitiva e l’assenza di un ruolo pubblico attuale da parte dell’interessato rendono sproporzionato il mantenimento dell’indicizzazione nominativa di notizie ormai inattuali. In particolare, la Corte ha sottolineato che la deindicizzazione può essere disposta anche senza che sia necessaria la cancellazione delle notizie dagli archivi originari, intervenendo esclusivamente sull’accessibilità tramite i motori di ricerca.
Viene altresì confermata la posizione autonoma dei motori di ricerca quali titolari del trattamento, tenuti a valutare in proprio la fondatezza delle richieste di delisting sulla base della normativa privacy vigente.
“Il provvedimento – commenta l’Avvocato Domenico Bianculli – consolida ulteriormente i criteri già espressi in precedenti pronunce, delineando con maggiore precisione le condizioni in cui un soggetto privato può ottenere l’eliminazione di notizie da Google e la cancellazione di dati personali non più rappresentativi della propria attuale condizione giuridica e sociale.”
