Hong Kong: Twitter e Facebook smascherano account e profili che diffondevano “fake news”

Hong Kong: Twitter e Facebook smascherano account e profili che diffondevano “fake news”

Social network usati per diffondere false notizie sugli scontri e sulle proteste in corso ad Hong Kong. Nella città cinese, infatti, da ormai 3 mesi, la popolazione manifesta contro un emendamento ad una legge sull’estradizione che, se avesse trovato l’approvazione del Governo locale, avrebbe permesso di sottoporre a processo nella Cina continentale gli accusati di alcuni crimini gravissimi, quali l’omicidio e lo stupro. Secondo i manifestanti e i diversi movimenti di protesta, l’emendamento avrebbe rappresentato il primo passo verso l’intromissione cinese nel sistema giuridico di Hong Kong con la conseguente possibilità per il regime cinese di “inventare” accuse contro eventuali oppositori e favorirne, così, l’estradizione. Nonostante l’emendamento non abbia trovato concretezza ed applicazione, le proteste dei manifestanti non accennano a placarsi e gli scontri con la polizia si fanno, di giorno in giorno, sempre più accesi ed incontrollate violenti.

Così, Facebook e Twitter, alla luce di questi eventi e scoperte le finalità con cui venivano gestiti alcuni profili social, hanno deciso di bloccare gli account “incriminati”. L’azione di “pulizia” è partita proprio da Twitter che, dopo approfondite indagini, ha “identificato gruppi di account che si comportavano in modo coordinato per amplificare i messaggi relativi alle proteste di Hong Kong”. Gli account sospesi sono stati ben 936. Twitter, poi, ha affondato il coltello, affermando che i profili rimossi sono originati dalla Cina, interessata a perseguire una campagna di disinformazione, al fine di “seminare discordia politica, minando anche la legittimità del movimento di protesta politico”. Sempre secondo il parere di quest’ultimo, il governo cinese usava gli account per realizzare autentiche “politiche di manipolazione della piattaforma”, attraverso attività di spam e iniziative coordinate.

Twitter ha, tuttavia, sottolineato come alcuni di questi account ora sotto accusa siano riusciti ad accedere al sociale senza usare Virtual Private Network (VPN), una rete di telecomunicazioni che, seppur basandosi su un protocollo pubblico e condiviso, permette di proteggere i dati scambiati, anche se gli host interessati si collocano a migliaia di km di distanza l’uno dall’altro. E il VPN, in Cina, rappresenta l’unico strumento di accesso, poiché qui Twitter risulta bloccato. Twitter ha, poi, segnalato anche a Facebook l’uso inappropriato dei social da parte della Cina, e quest’ultimo non ha esitato e ha proceduto immediatamente con la rimozione di sette pagine, tre gruppi e cinque account, protagonisti di questa ingannevole e fuorviante diffusione di notizie false. Proprio il portavoce di Facebook ha affermato che “le persone dietro quest’attività erano coordinate tra loro e usavano falsi account per rappresentarsi in maniera diversa dalla realtà”. Dunque, il social di Mark Zuckerberg si era trasformato in un’autentica “base”, in grado di diffondere “comportamenti coordinati non autentici”, al fine di screditare anche giornalisti e manifestanti.

Questi ultimi eventi hanno riaperto questioni molto discusse, soprattutto riguardo all’uso che, oggi, il popolo dei naviganti fa dei social, che divengono, in alcuni casi, strumenti nelle mani di una massa indistinta ed incontrollata di utenti. Sempre più spesso, attraverso profili ed account fake, c’è chi decide di trasmettere una personale e discutibile “verità”, una visione del mondo totalmente distorta. Verità alterate, che si vestono di pericolosità, perché attraverso i social raggiungono milioni i utenti e, in un intervallo di tempo brevissimo, diventano addirittura virali.

Ivana Notarangelo

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